Psicoerotica Femminista – L’importanza del benessere sessuale

Serena Calò è una psicoanalista relazionale femminista e fototerapeuta, Slavina è un’educatrice sessuale e pornografa femminista. Insieme sono Psicoerotica Femminista: un progetto di condivisione di spunti, risorse e proposte per la ricerca su benessere psicofisico e salute sessuale da un punto di vista femminile.

Psicoerotica femminista
Foto di Guendalina Ravazzoni

Ciao Serena, ciao Slavina! Diteci qualcosa di voi. Chi siete?

Siamo due “socializzate donne” dalle storie individuali molto diverse ma che hanno in comune un posizionamento dissidente rispetto alla norma sessuale vigente: nessuna di noi due si dice eterosessuale (anche se entrambe per quella “fase” ci siamo passate).

Come vi siete incontrate?

Ci siamo conosciute nel 2016 ad uno dei laboratori di scrittura erotica tenuto da Slavina. Anche Serena lavorava con il formato laboratorio e ha avuto l’intuizione che le nostre competenze e approcci diversi alla sessualità avrebbero potuto funzionare bene insieme – ed effettivamente così è stato.

Perché è importante parlare di salute sessuale dal punto di vista femminile?

La società in cui viviamo è basata su delle norme patriarcali che non permettono uno sviluppo sano della sessualità femminile, da sempre repressa e non riconosciuta, o meglio che è sempre stata valorizzata soprattutto ai fini della procreazione. Desiderio e piacere delle donne sono stati ignorati o strumentalizzati in funzione del dominio sul loro potere specifico (quello della riproduzione) e per assecondare un’idea di piacere “maschile” [le virgolette sono necessarie, visto che grazie al lavoro filosofico e dell’attivismo transfemminista queer adesso sappiamo che le categorie di genere sono relative a costruzioni culturali e non ad una essenza, quindi non esiste un maschile assoluto ma una forma di rappresentarsi legata alla maschilità egemonica – è a quella che facciamo riferimento in questo caso]. La mancanza di informazione quando non direttamente l’oppressione degli istinti sessuali per molte donne continua ad essere un grosso problema, perché dal nostro benessere sessuale – qualunque sia la maniera in cui lo raggiungiamo, visto che sappiamo che non esiste una formula magica che vada bene per tutte – dipendono la nostra tenuta psichica e la nostra felicità.

Come hanno contribuito le vostre esperienze lavorative alla costruzione del vostro progetto?

Psicoerotica ha l’ambizione di sondare e comprendere l’immaginario erotico e quello relazionale, le fantasie ma anche le pratiche: il desiderio e il piacere in tutte le loro declinazioni. È un’area della nostra vita molto ampia ma estremamente delicata, molto nascosta, difficile spesso da descrivere a parole e ancora più difficile da condividere. E integrando fotografia terapeutica e scrittura nei nostri laboratori riusciamo ad attivare sia le parti inconsce e profonde che la parte analitica e razionale: le immagini aprono dei varchi nella coscienza che interpretiamo insieme e a cui diamo un orizzonte di leggibilità e un’articolazione attraverso la scrittura.

Siamo una “coppia terapeutica” dove da una parte la conoscenza è molto strutturata e quindi rassicurante e dall’altra invece la spinta creativa apre a una sorta di pedagogia della disinibizione – e grazie a questa integrazione lo spazio che si crea è accogliente ma anche dinamico. È uno spazio di cambiamento, o almeno noi facciamo di tutto perché lo sia.

Serena Calò e Slavina durante un laboratorio di Psicoerotica Femminista
Serena Calò e Slavina durante un laboratorio di Psicoerotica Femminista – Foto di Guendalina Ravazzoni

Che cosa è Psicoerotica femminista?

È un progetto volto alla ricerca e alla sperimentazione di formati laboratoriali in cui le donne (e non solo, visto che dal 2019 abbiamo cominciato a lavorare anche con gruppi misti) possano incontrarsi e condividere parti di sé che non hanno molti altri ambiti di confronto sereno nella nostra società.

Come mai avete deciso di fondarla?

L’idea parte dal bisogno di rendere visibile l’intersezione tra sessualità e femminismo e aprire uno spazio di cura collettiva. Per molte persone (anche per molte donne, purtroppo) la parola femminista risuona solo a protesta e rivendicazione politica: non sanno che l’esigenza primaria che ci muove come femministe è quella del riappropriarci del nostro corpo – e del femminismo storico prendiamo l’eredità dell’autocoscienza, il piccolo gruppo in cui comprendere che molte delle questioni che consideriamo problemi personali sono invece questioni politiche, legate a un’oppressione che lavora a toglierci la possibilità di godere. Psicoerotica è un luogo in cui le donne (e non solo, ma soprattutto) possono entrare in contatto con il loro desiderio e con la concreta possibilità di esprimerlo.

A chi è rivolta?

A tutte le persone che abbiano voglia di guardare alla sessualità analizzandola da più punti di vista: inconscio, personale e collettivo. Certo che bisogna aver voglia di mettersi in gioco, perché noi offriamo lo spazio e gli strumenti, ma il lavoro poi è ognuna a doverlo fare su di sé.

Di che cosa parlano i vostri laboratori?

Parlano di tutta quella che è la nostra vita affettiva composta da sessualità, erotismo, relazioni e dei desideri, dei bisogni, delle paure e delle difficoltà ad essa collegati. Abbiamo il nostro “storico” laboratorio *Desideri in divenire*, che è riservato alle socializzate donne e alle donne trans e ha due livelli di elaborazione; poi c’è *Diventa quello che sei*, che è un percorso che abbiamo immaginato per collettivi e gruppi, è misto, si svolge in tre tappe e prevede invece della scrittura alcune attivazioni esperienziali e infine c’è *Di cosa parliamo quando parliamo d’amore*, la nostra proposta più spensierata che in questo periodo di quarantena abbiamo realizzato anche in versione online.

Qual è l’obiettivo che vi siete proposte?

Dare la possibilità a tutte e tutti di condividere spazi di supporto emotivo e rielaborazione rispetto alla sessualità, in cui grazie alla leggerezza dell’ironia, all’intimità del gruppo protetto e alla profondità del lavoro psicologico si possa apprendere qualcosa in più del proprio mondo personale e uscirne impoterate, più capaci di accettarci o di cambiarci, più motivate a prenderci il piacere.

Volete raccontarci qualche episodio successo durante i laboratori che vi ha colpito?

Dei nostri laboratori diciamo che sono come il Fight Club: non se ne parla, non si racconta, le storie che ascoltiamo non diventano aneddoti. Oltre all’attitudine accogliente e non giudicante, la discrezione è una delle condizioni che rendono possibile l’apertura su alcuni temi che provocano vergogna, imbarazzo, senso di colpa. C’è tra noi che conduciamo e tutte le partecipanti un patto di silenzio e di rispetto delle confidenze che ci facciamo: i nostri laboratori sono spazi di intimità effimera che però riescono ad unire in maniera molto profonda – ecco forse una cosa che si può dire è questa, che la partecipazione crea una sorta di vincolo, di legame. Quando le donne che si conoscono per caso ai nostri laboratori poi si incontrano per caso è come se rivedessero delle vecchie amiche.

Come vi vedete tra 10 anni? Dove sarà Psicoerotica Femminista?

Tra dieci anni (o magari meno) finalmente verrà riconosciuta l’importanza del benessere sessuale femminile e lo Stato o qualche fondazione finanzierà il nostro Istituto Psicoerotica, per lo studio e la promozione della sessualità femminile. E i nostri laboratori saranno gratuiti e garantiti.

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